Perché, si sa, a pancia piena si studia meglio

E se sei una studentessa appassionata di lettura e di letteratura (perché sei classicista inside) ma, nel frattempo, sei anche una food blogger, che si fa? Si pensa ad un connubio fra interessi, ovvio!

Non ci credi? E allora scopriamolo insieme, poi mi darai ragione!

Unico fra gli animali, l’uomo vuole che il suo cibo non sia solo “buono da mangiare”, ma vuole anche, citando Lévi-Strauss, che sia “buono da pensare”, perché fra tutte le cose di cui ci nutriamo vi sono anche le idee.
Si dice che, oggi, il food sia uno degli argomenti sicuramente più inflazionati in assoluto, al centro di social e mass media, sulla bocca di tutti…letteralmente! Ebbene, vi svelo un segreto… è così da sempre!

Attenendoci all’argomento specifico trattato, possiamo affermare con certezza che le letterature di tutti i tempi e luoghi abbiano sentito il bisogno di sottolineare la stretta correlazione insita fra uomo e cibo, semplicemente, probabilmente, a causa della valenza di essenzialità che l’uomo conferisce al nutrirsi. Questo si fa ancora più vero all’interno della cultura occidentale che, subendo l’influenza della religione Cristiana, riserva al cibo un posto di rilievo ad immagine del Cristo che, per l’uomo, si fa pane e vino.

Tutto ruota intorno al cibo fin dall’antichità, sia nell’ambito più sacro che più profano, basti pensare al libro della Genesi nella misura in cui addirittura la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden e quindi l’istituzione del Peccato Originale viene fatta dipendere da un alimento, la mela, e dall’atto di mangiarlo. O ancora, restando in ambito Cristiano, non si può non citare l’episodio di Esaù, pronto a svendere il suo titolo di primogenito per un piatto di lenticchie, esempio tangibile di attaccamento viscerale.

Per i non credenti, basta pensare ad Omero che, nella sua Odissea, riserva al cibo uno spazio davvero consistente, primo fra tutti l’episodio di Ulisse che, per guadagnarsi l’ingresso nell’Ade deve “corrompere” i morti con libagioni di cibo.

Facendo un salto temporale decisamente molto ampio e prendendo in analisi la letteratura del secolo scorso, possiamo comprendere quanto tutto resti invariato.

Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie.

 

Signore e signorine –

le dita senza guanto –

scelgon la pasta. Quanto

ritornano bambine! […]

 

(G. Gozzano, Le golose, in Poesie sparse)

 

Guido Gozzano ci regala un vero e proprio spaccato di vita quotidiana e regala un vero e proprio componimento al semplice atto, da parte di un gruppo di signore, di degustare delle paste in una confetteria. Egli descrive, con naturalezza, ogni gesto regalando uno spaccato di quotidianità disarmante e rimarcando, con amara ironia, la vera natura della media borghesia che si atteggia ma poi, a tavola, mostra la sua vera natura, il cibo si fa così strumento rivelatore, capace di delineare la vera natura dell’individuo.

 

E appena ebbi riconosciuto il sapore del pezzetto di madeleine, inzuppato nel tiglio, che mi dava la zia…

 

(M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

 

Uno tra gli esempi più classici e celebri è sicuramente quello di Proust che, ne “Alla ricerca del Tempo Perduto”, tramite un semplice pezzetto di madeleine, viaggia con la mente e con il cuore e si ritrova a pensare al suo passato.

 

L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava, non era che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa untuosa, caldissima dei maccheroni corti, cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio.

 

(G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo)

 

Tomasi di Lampedusa, nel suo fortunatissimo Gattopardo, ci lascia la descrizione minuziosa dei nobili banchetti organizzati nell’ ‘800 in Sicilia. La sua grande abilità sta nella fusione fra l’amore per il cibo e quello per Angelica, geniale l’intreccio fra i piaceri dell’amore e del cibo.

Questo negozio è un museo: il signor Palomar visitandolo sente, come al Louvre, dietro ogni oggetto esposto la presenza della civiltà che gli ha dato forma e che da esso prende forma. Questo negozio è un dizionario; la lingua è il sistema dei formaggi nel suo insieme: una lingua la cui morfologia registra declinazioni e coniugazioni in innumerevoli varianti, e il cui lessico presenta una ricchezza inesauribile di sinonimi, usi idiomatici, connotazioni e sfumature di significato, come tutte le lingue nutrite dall’apporto di cento dialetti.

 

(I. Calvino, Palomar)

 

Mai in nessuna opera il cibo viene esaltato quanto nel Palomar di Calvino. Che azzardo pensare di paragonare al Louvre un negozio di formaggi! Eppure, lo fa!

Il protagonista attende pazientemente il suo turno e nel frattempo si guarda intorno, affascinato dalla presenza di così tanti esemplari. Il negozio diventa per lui un museo, un dizionario di forme e possibilità di cui vorrebbe catalogare e apprendere le qualità. Egli si perde immaginando ciò che c’è dietro ogni formaggio: il pascolo verde che lo ha prodotto, i prati profumati della Provenza, i segreti della sua lavorazione.

 

Raprì il frigo e fece un nitrito di pura felicità. La cammarera Adelina gli aveva fatto trovare due sauri imperiali con la cipollata, cena con la quale avrebbe certamente passato la nottata intera a discuterci, ma ne valeva la pena. Per quartiarsi le spalle, prima di principiare a mangiare volle assicurarsi se in cucina c’era il pacchetto del bicarbonato, mano santa, mano biniditta. Assittato sulla verandina, si sbafò coscienziosamente tutto, nel piatto restarono le resche e le teste dei pesci così puliziate da parere reperti fossili.

 

(A. Camilleri, La gita a Tindari, Sellerio, Palermo 2000)

 

All’incapacità di scegliere di Palomar fanno da contraltare i robusti pranzi e le cene succulente del commissario Montalbano, personaggio ideato da Andrea Camilleri che gode della simpatia di numerosi lettori e di una grande fetta di pubblico televisivo. Nelle pietanze preparate dalla fedele cameriera Adelina o dal suo ristoratore di fiducia Enzo, seguite dalla celebre “passiata a ripa di mare”, per il commissario il cibo è un momento di pausa e di decongestione dall’impegno investigativo, da consumare in raccolto e quasi religioso silenzio.

Il cibo si conferma, quindi, parte integrante della storia dei popoli, testimonianza tangibile e concreta degli usi e costumi peculiari del momento storico in cui si colloca la vicenda narrata.

 

Articolo a cura di SalePepe

Complementari eppure opposte come il Pepe ed il Sale, siamo semplicemente questo dal lontano 2014.Due vite ingarbugliate e lontane anni luce che sembrano non potersi mai incontrare e che, invece, spesso e volentieri si ritrovano sulla stessa lunghezza d’onda, km di distanza collegati fra loro dal profumo di una torta appena sfornata che si spande.
Terry, da sempre assolutamente Pepe, carattere fumantino e broncio continuo per questa o quell’altra cosa, come la spezia rende tutto più piccantino, così lei porta sempre un pizzico di brio.
Claudia, nessuno può mai essere più Sale di lei. Come il sale, in piccolissime quantità, può migliorare il sapore di qualsiasi minestra così lei, timida ed in punta di piedi è capace di stravolgere totalmente ogni cosa, rappresenta quel tocco di sapidità imprescindibile per mantenere sempre il giusto equilibrio.
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